Leandro Giribaldi presenta, per la rassegna “Che cos’é il Cinema“
CAPPELLO A CILINDRO
(Top Hat, 1935)
REGIA: Mark Sandrich
SOGGETTO: Dwight Taylor, Karoly Noty
SCENEGGIATURA: Allan Scott, Dwight Taylor
FOTOGRAFIA: David Abel
MUSICHE: Irving Berlin
PRODUZIONE: RKO
INTERPRETI: Fred Astaire, Ginger Rogers, Edward Everett Horton
ORIGINE: USA; DURATA: 101’
Il ballerino americano Jerry Travers (Astaire) si trova a Londra per partecipare ad uno spettacolo organizzato dal produttore Hardwick (Horton). In albergo Travers improvvisa un numero di tip-tap facendo svegliare una ragazza (Rogers) che si trova in una camera al piano sottostante.
Dopo l’avvento del sonoro (Il cantante di jazz, 1927), musica e dialoghi diventano i protagonisti nel cinema del decennio successivo. L’operetta e il musical, due generi rappresentativi di un cinema di pura finzione, eppure, o forse proprio per questo, manifestazioni di straordinario successo: Cappello a cilindro è il maggior incasso del 1935.
Ma se l’operetta a metà anni Trenta ha praticamente esaurito il suo repertorio, il musical conosce il momento della sua massima popolarità. È in questo contesto che si colloca Cappello a cilindro, uno dei musical più belli e famosi di tutti i tempi, con la coppia per antonomasia del genere: Fred Astaire e Ginger Rogers.
In una Londra improbabile ricostruita genialmente dallo scenografo Van Nest Polglase, i due si bisticciano e si innamorano, volteggiando sulle ali della musica deliziosa di Irving Berlin (indimenticabili le canzoni Cheek to Cheek e The Piccolino).
Il regista Sandrich, che diresse la coppia Astaire-Rogers in altri celebri film del periodo come Seguendo la flotta, Voglio danzare con te, Girandola, dirige la commedia musicale con maestria, aiutato anche da caratteristi notevoli come il “lubitschiano” Edward E. Horton. E la sua cinepresa, che danza insieme ai ballerini, li inquadra sempre in figura intera e se possibile in piano-sequenza per non spezzare le coreografie.
L. Giribaldi