Leandro Giribaldi presenta, per la rassegna “Fritz Lang ritorno in Europa“
IL DIABOLICO DOTTOR MABUSE
(Die 1000 Augen des Dr. Mabuse, 1960)
REGIA: Fritz Lang
SOGGETTO: da un’idea di Jan Fethke, basata sul personaggio creato da Norbert Jacques
SCENEGGIATURA: Fritz Lang, Heinz Oskar Wuttig
FOTOGRAFIA: Karl Loeb
MUSICA: Bert Grund
PRODUZIONE: F.Lang per C.C.C. Film-Critérion Films-Cei-Incom-Omnia
INTERPRETI: Wolfgang Preiss, Dawn Adams, Peter Van Eyck, Andrea Checchi, Gert Frobe
ORIGINE: GERMANIA OVEST/ITALIA/FRANCIA; DURATA: 104′
Il reporter Barter viene ucciso nel traffico con un ago d’acciaio sparato da un fucile ad aria compressa, poco prima di fare importanti rivelazioni nella sua rubrica televisiva. Il commissario Kras (Frobe) viene contattato dall’inquietante veggente cieco Cornelius (Preiss), che gli fornisce particolari dell’omicidio ignoti agli inquirenti. Ad un poliziotto le modalità dell’assassinio ricordano quelle usate dal pericolosissimo dottor Mabuse, genio del crimine, ma morto in manicomio nel lontano 1933.
Terzo e conclusivo capitolo della saga dedicata al dottor Mabuse (gli altri due film sul supercriminale risalgono al 1922 e al 1933), Il diabolico dottor Mabuse è anche l’ultimo film della lunga carriera di Fritz Lang. Lang resuscitò Mabuse grazie all’insistenza del produttore Brauner: “Ho già ucciso quel figlio di puttana!”, era stata la sua prima risposta. “Così girare il film diventò una specie di sfida con me stesso – pensai anche che poteva essere interessante mostrare un criminale come quello quasi trent’anni dopo e dire ancora certe cose sulla nostra epoca – il pericolo che la nostra civiltà venga spazzata via e che sulle sue macerie possa essere costruito qualche nuovo regime criminale. Ma, vede, io non ho fatto questi film perché pensavo che fossero importanti, ma perché speravo che se avessi portato a qualcuno un grande successo finanziario avrei avuto di nuovo l’opportunità – come era successo con M – di lavorare senza restrizioni.” (ultime righe del libro Il cinema secondo Fritz Lang di P. Bogdanovich).
L. Giribaldi