Gli anni venti in Germania sono gli anni dell’espressionismo cinematografico, un’arte visiva nuova che prendeva in considerazione ciò che non aveva ancora una voce estesa e che pur esisteva da tempo: l’inconscio. Gli aspetti onirici si combinano con il linguaggio più diretto della comunicazione ampliando la composizione visiva del comportamento umano, arricchendolo di uno spessore psicologico e letterario enigmatico che suscita una curiosità di forte valenza anche spettacolare.
Grandi attività angolari, oscillatorie, acrobatiche della macchina da presa immessa su lunghi binari, autentica personalità aggiunta, che chiarisce con una vera e propria scrittura per immagini ogni emozione dei personaggi protagonisti delle scene: un lavoro artistico straordinario che riesce a rendere inutili le didascalie.
recensione di Biagio Giordano
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