DIES IRAE
(Vredens Dag, 1943)
REGIA: Carl Theodor Dreyer
SOGGETTO: dal dramma Anne Pedersdotter di Hans Wiers-Jenssens
SCENEGGIATURA: Carl Theodor Dreyer
FOTOGRAFIA: Karl Andersson
MUSICHE: Poul Schierbeck
PRODUZIONE: Palladium Produktions
INTERPRETI: Thorkild Roose, Lisbeth Movin, Preben Lerdorff Rye
ORIGINE: DANIMARCA; DURATA: 97’
Danimarca, 1623. Il pastore Absalon (Roose) ha sposato in seconde nozze Anna (Movin), che è malvista dalla suocera, anche per la grande differenza di età fra la giovane nuora e suo figlio. Mentre una vecchia del paese è accusata di stregoneria, dopo molto tempo rientra in casa il giovane Martin (Lerdorff Rye), figlio di Absalon, che non aveva mai conosciuto la nuova moglie del padre.
Dopo l’insuccesso di Vampyr (e quello precedente di Giovanna d’Arco), Dreyer passa un periodo buio dove stenta a trovare lavoro, si avvicina al documentario in Inghilterra, tenta la realizzazione di un reportage in Somalia, insieme ad un giornalista italiano. Si ammala e torna in Danimarca.
Nel 1942 gli viene data l’occasione di realizzare un documentario sulle ragazze madri. È come se il Dreyer regista venisse scoperto per la seconda volta e nel 1943, undici anni dopo Vampyr gli viene proposto l’adattamento del dramma teatrale Anne Pedersdotter.
È l’inizio del periodo “teatrale” di Dreyer, che darà vita a due capolavori come Dies Irae e Ordet.
Dies Irae, storia di stregonerie, come La passione di Giovanna d’Arco è anche una storia di estraniazione dalla realtà, di eresia rispetto al contesto sociale.
Dreyer parte dal teatro, ma rifiuta il teatro filmato e continua a sperimentare e a riflettere sul potere del cinema: “Il cinema è innanzitutto arte visiva e come tale diretta soprattutto all’occhio; l’immagine penetra molto più direttamente nella coscienza dello spettatore che non la parola. In Dies Irae io ho cercato di restituire all’immagine il posto che le spetta.”
L. Giribaldi