Leandro Giribaldi presenta, per la rassegna “Che cos’é il Cinema“
LA PASSIONE DI GIOVANNA D’ARCO (La passion de Jeanne d’Arc, 1928)
REGIA: Carl Theodor Dreyer
SOGGETTO: dal romanzo Vie de Jeanne d’Arc di Joseph Delteil e dagli Atti del processo a Giovanna d’Arco
SCENEGGIATURA: Carl Theodor Dreyer, Joseph Delteil
FOTOGRAFIA: Rudolf Maté
SCENOGRAFIA: Hermann Warm, Jean Hugo
PRODUZIONE: Société Générale des Films
INTERPRETI: Renée Falconetti, Eugène Silvan, Antonin Artaud
ORIGINE: FRANCIA; DURATA: 85’
Delle mani (le mani di Dreyer?) sfogliano il documento originale degli Atti del processo a Giovanna d’Arco del 1431. Può così cominciare il film con Giovanna che viene trascinata in catene di fronte al tribunale dell’inquisizione ecclesiastica.
Qual è il motivo per cui Dreyer, un regista danese, realizzò nel 1927 un film su Giovanna d’Arco, eroina e santa patrona francese?
Dreyer fu contattato dalla Société Générale des Films dopo il grande successo di un suo film in Francia.
Racconta Dreyer: “Mi chiesero tre soggetti. Proposi Giovanna d’Arco, Caterina de’ Medici e Maria Antonietta. Tirarono a sorte con dei fiammiferi, uscì Giovanna d’Arco.
” Uno dei più grandi capolavori della storia del cinema è dovuto al caso, ad una scelta con dei fiammiferi! Così Dreyer si inventò un film quasi sperimentale che raggiunge l’apice della potenza del cinema muto, che si staglia indelebile nella memoria dello spettatore per l’intensità, in alcuni momenti quasi insostenibile, della recitazione di Renée Falconetti, per il suo dispiegarsi attraverso carrellate di primi piani dalla inaudita forza espressiva.
Sulla Falconetti circola da sempre una leggenda: che si fosse così immedesimata nel personaggio da finire i suoi giorni in manicomio. E’ vero che lei è passata alla storia interpretando questo unico film, un film che Dreyer non avrebbe mai girato se non l’avesse incontrata quando ormai scoraggiato voleva abbandonare il progetto. Ma il motivo per cui Dreyer aveva preso così a cuore il martirio dell’eroina francese è nascosto nei segreti della sua storia intima.
da Un’ombra è soltanto un’ombra di L. Giribaldi